Un tuffo nei sogni


Oltre i confini del cieloCapitolo 6 - Essenza

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  1. Simmy95
     
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    Ecco il capitolo 6 :D

    Alexis alzò lo sguardo al cielo, se quello fosse stato un film si sarebbe messo a piovere, invece n sole caldo e beffardo sembrava prendersi gioco di quanto le era successo. Chiuse gli occhi, respirò profondamente, trattenne le lacrime che le stavano per scivolare sulle guance lentigginose; doveva fare qualcosa, piangere non serviva, era il momento di essere forte, un nuovo calore le scaldò il petto, quasi una speranza: se la barriera circondava tutta la casa seguendola prima o poi avrebbe raggiunto la porta d’entrata o la stazione o qualche luogo da cui poter tornare a casa. Si alzò e iniziò a camminare con una mano che scivolava leggera su quel muro invisibile per essere sempre sicura di seguirlo. Il percorso era pieno di ostacoli, la barriera non era perfettamente circolare ma faceva curve a volte si avvicinava molto alla villa e a volte si avventurava nel cuore della foresta che fino a quel momento non le aveva mostrato nessuna forma di vita; tanto meglio, forse quel posto non era poi così terrificante. Poi un rumore tra dei cespugli poco più in là la scosse, rimase in attesa, un gemito, altri fruscii, dei lamenti: qualcuno si stava trascinando per terra, sembrava un ragazzo giovane dalla voce e sembrava anche grave. Cosa doveva fare? Visto quello che le era successo fino a quel momento ogni incontro era potenzialmente pericoloso, nessuno le assicurava che qualunque cosa fosse quella che gemeva non stesse fingendo per attirarla in una trappola? Se si trattava di esseri come vampiri o lupi mannari? Allo stesso tempo se quello era veramente qualcuno che necessitava di aiuto? Ma che aiuto avrebbe potuto dargli? Allo stesso tempo quell’essere avrebbe potuto darle delle indicazioni, spiegarle qualcosa, qualsiasi cosa. Quelle domande continuavano a vorticarle in testa quando un gemito più forte provenne dalla foresta, il resto venne da sé, quello era come un richiamo a cui il suo corpo istintivamente aveva risposto indipendentemente dalla sua paura. Era accasciato tra le radici, zuppo di sangue ed ansimante con una mano premuta sul torace squartato, lo sguardo perso nel cielo, non sembrava accorgersi minimamente di lei. Vederlo in quello stato era traumatizzante, si ricordava benissimo del loro primo incontro, quel giorno nella Capitale quando guardava la sua nuova vita con gli occhi di una bambina entusiasta, speranzosa e impaziente, una vita che ora non avrebbe mai voluto scoprire. Si avvicinò, un fruscio dal sottobosco e lui si voltò lanciandole uno sguardo terrorizzato e indifeso che la sconcertò: gli occhi carmini che si ricordava ora erano illuminati da una scintilla di blu intenso, profondo come gli abissi marini che non moriva nella disperazione del suo sguardo. La ragazza decise di avvicinarsi, lui cercò disperatamente di allontanarsi, ma nelle sue condizioni era inutile, oramai le forze lo avevano abbandonato. Alexis lo raggiunse, gli occhi fissi sulla terribile ferita chiedendosi cosa fare. Il primo a rompere il terribile silenzio fu lui:
    - Chi sei? Cosa vuoi? –
    Le domande la colsero alla sprovvista, forse erano le stesse che si chiedeva lei, chi era? Cosa faceva lì? La verità è che, contro ad ogni logica, era giunta lì solo seguendo l’istinto e ora non sapeva cosa fare. Appoggiò le mani sulla ferita pulsante, ecco che il suo istinto faceva di nuovo da padrone guidandola senza che lei sapesse cosa stesse facendo.
    - Cosa stai facendo? Pensi di sfidare il nemico che non può essere battuto? – Chiese lui digrignando con i denti per rabbia e per dolore – lasciami da solo a morire –
    Quelle parole le fecero ghiacciare il sangue nelle vene, lui non sembrava preoccupato dalla morte bensì dalla sua presenza, come poteva averla accettata? Era giovane, aveva una vita intera davanti a lui, se n’era già fatto una ragione? Non aveva sogni, progetti? “Non soffrire per me” quelle parole le risuonavano nella testa, si era già trovata in una situazione simile, solo lei aveva così tanta paura della morte?
    - VATTENE! –
    Il grido risuonò per tutta la foresta, ma lei non era più lì, lei era persa nei ricordi del suo passato, lontana e senza nessuna possibilità di tornare. Le mani tremanti si mossero automaticamente e premettero sulla ferita, le formicolavano come attraversate da una scossa elettrica, sentiva qualcosa, qualcosa d’intenso, non era più in un bosco con uno sconosciuto, alle verdi fronde ora si sostituivano le colate di cemento e steso per terra c’era lui, il suo migliore amico che con le lacrime agli occhi le chiedeva di non piangere, di vivere come se niente fosse, cosa non facile visto che era l’unica persona a cui avesse mai voluto bene, poi rivide quelle labbra socchiudersi ed esalare un ultimo “ti amo” prima di lasciarla. A quella frase che ora risuonava in tutta la sua testa, la scossa che sentiva dentro di sé aumentò improvvisamente e si scaricò dentro il corpo di quel ragazzo che fu per un attimo preso dalle convulsioni. Poi tutto svanì nel nero.
    Riaprire gli occhi fu difficile, il primo tentativo fallì miseramente, la stanza sembrava piena di luce e cercare di mettere a fuoco le immagini risultava troppo faticoso e doloroso. Se li stropicciò e riprovò ancora, davanti a lei delle sagome immobili e silenziose sembravano guardarla, una doveva essere quella del ragazzo misterioso, vista la macchia blu che Al vedeva all’altezza del viso. In breve la scena si definì, era ancora leggermente sfocata ma sapeva che l’ombra alla destra del giovane era una bellissima donna alta e slanciata dai capelli che sembravano filamenti di argento purissimo e gli occhi di un viola molto intenso; era vestita in un elegante vestito nero lungo in satin con una elegantissima collana formata da un’infinità di piccoli diamanti; doveva essere una donna importante e rispettata, il suo sguardo era così profondo da farle chinare il capo, era assolutamente insostenibile. Un’ ultima figura si scorgeva da dietro quei due, una donna completamente vestita di bianco dall’aspetto inquietantemente simile ad uno squalo a causa della forma del viso e dei suoi denti troppo appuntiti per essere umani; una cicatrice le tirava l’angolo sinistro della bocca disegnandole uno strano ghigno malvagio sul volto. Alexis alzò lo sguardo e vide nei suoi occhi neri e opachi una furia non del tutto addomesticata. Si trovava in quella che sembrava una sala d’ospedale ma di dottori non c’era la minima traccia, gli unici nella stanza erano loro; una domande le sorse spontanea: perché nel lettino c’era lei e a stare in piedi senza dar il minimo segno di dolore c’era il ragazzo che nei suoi ultimi ricordi era morente? Più lei cercava di pensare a ciò che era successo più la testa le girava e sentiva le energie abbandonare ancora una volta il suo corpo.
    - Allora saresti tu colei che ha salvato la vita a mio figlio – La donna centrale sembrava aver appena socchiuso le labbra eppure le parole erano state pronunciate chiaramente e con una voce profonda e suadente, gli occhi fissi su di Alexis sembravano scrutarle nell’anima, non sapeva cosa dire, non ricordava assolutamente nulla e non capiva neanche se quella fosse una domanda o una constatazione.
    - Io non so… non ricordo, è tutto confuso –quello era il modo di rispondere che Alexis riteneva il migliore, nonostante la risposta fosse ovvia doveva far capire la sua confusione e rimanere rispettosa, non sapeva chi aveva davanti ma non sembrava persona che si lasciava mettere i piedi in testa.
    - Dunque mi stai dicendo che il tuo incantesimo di guarigione non era intenzionale? –
    Ecco che la situazione si faceva più chiara ma non più facile da spiegare, lei doveva aver in qualche modo lanciato un incantesimo di guarigione al ragazzo (ora ricordava l’energia che sentiva crescerle dentro e capiva cos’era), il problema - che aveva capito anche la sua interlocutrice - era che lei non l’aveva fatto intenzionalmente, almeno non aveva pensato che sarebbe riuscita a curarlo, non in quel modo. Questo significava che non intendeva curarlo? Ovviamente se le avessero chiesto se, sapendo l’incantesimo, l’avrebbe usato per curarlo, la risposta sarebbe stata ovviamente sì; la cosa era complicata e la testa le girava in modo insopportabile. Ora, facendo il punto della situazione, era probabile che dopo questo incantesimo avesse perso i sensi e il ragazzo, guarito grazie a lei doveva averla presa sotto la sua protezione, almeno questo era quello che riusciva ad intuire da quel misero scambio di battute.
    - Non so cosa sia un incantesimo di guarigione, so dirle che non volevo vederlo morire lì davanti ai miei occhi senza far niente, mi sono lasciata guidare dall’istinto, ero come in trance, non so ben dirle cosa ho fatto ma sono contenta che sia andata bene. – Era vero, aveva salvato una persona, per una volta era riuscita a rendersi utile, per una volta non era stata inerme davanti all’inevitabile e questo la rendeva fiera e le dava una sensazione di piacevole leggerezza nel petto come si il peso dei suoi problemi l’avesse - per un momento - abbandonata. Intanto gli occhi della matriarca si erano illuminati di una luce nuova, una scintilla di curiosità si era accesa in quel viola.
    - Parli d’istinto? La tua famiglia non ti ha forse educata a controllare l’istinto? – La domanda era stata posta con un tono provocatorio e su quel controllare una smorfia di disgusto aveva per un istante oscurato la perfezione di quel viso. Era inevitabile che prima o poi arrivasse una domanda del genere, era giunto il momento di spiegare, al limite del possibil, quello che le era successo.
    - Veramente solo questa mattina ho scoperto di possedere una famiglia effettiva che - a quanto pare - non ha apprezzato la notizia, mi hanno abbandonata in quel bosco e mi è stato detto di non farmi più rivedere, ciò che non ho capito è il perché di tutto questo: sapevo di poter rifiutare di scoprire le mie origini ma non pensavo fosse possibile anche il contrario. – Lei era la prima a non capire niente, quella spiegazione era assurda, perché non pensava mai prima di parlare? Era da quando avevano iniziato quella conversazione che aveva detto tutto quello che le passava per la testa senza porsi nessun controllo.
    - Quindi sei stata cacciata dalla tua famiglia senza saperne il motivo, hai qualche idea sul perché di questa scelta? –
    Quel terzo grado era snervante, la donna non faceva altro che ripeterle le domande che già vorticavano nella sua mente.
    - Non so, l’unica cosa che so dire è che è da quando sono arrivata qui che tutti mi guardano in modo strano, come se ci fosse qualcosa di sbagliato in me. –
    - Effettivamente qualcosa di anomalo in te c’è, se è vero che appartieni alla famiglia Annael. Sai che cos’è il senso che noi chiamiamo”Percezione dell’essenza”? –
    Al si limitò a scuotere il capo, erano tutte domande retoriche sapevano entrambe che lei non conosceva la risposta, la donna sembrava prendersi gioco della sua ignoranza.
    - Come dovresti sapere anche tu ognuno di noi esseri viventi emana un’energia particolare, detta Essenza, che è quella che permette la classificazione dei viventi in varie “famiglie”. Ora questa energia, per quanto essa possa essere trattenuta da chi la possiede verrà sempre emanata in modo percepibile da chi, come noi, possiede il senso della “Percezione” che ha questo nome perché permette di percepire la posizione e, con un buon allenamento, occupazione e intenzione, dei vari esseri viventi che ci circondano. Maggiore è il potere innato del vivente più facilmente è possibile percepirne l’energia, a meno che essa non sia debitamente controllata. Ciò che ti rende differente da tutti noi è il fatto che non emani alcun tipo di energia, cosa impossibile per un membro della tua famiglia. Dimmi, ti hanno analizzata col rivelatore energetico? –
    - Non so, ad un certo punto mi hanno fatto sedere in un macchinario simile ad una sedia elettrica ... –
    - Esattamente – la interruppe la donna senza lasciarle finire la frase, è stato subito dopo quell’esperienza che ti hanno cacciata, vero? – La domanda era stata posta con una finta gentilezza e nascondeva un non so che di soddisfatto, la ragazza annuì ancora.
    Il viso dell’interlocutrice si accese di un interesse malsano, il ragazzo al suo fianco la guardava vagamente preoccupato, la donna alle spalle rimaneva impassibile.
    Quindi lei era stata cacciata perché non aveva un’Essenza? Perché non era stata avvisata di questa eventualità?
    - Tuttavia non solo il tuo DNA ha dimostrato di essere stato modificato dall’Essenza della famiglia Annael, ma quando hai utilizzato l’incantesimo di guarigione la tua Essenza si è percepita perfettamente da chi ha una certa esperienza e predisposizione. Devo ammettere che raramente mi era capitato di avvertirne una così pura, tanto pura da sembrare quella della figlia naturale della tua famiglia, com’è già che si chiama quella smorfiosa bionda perennemente imbronciata? Mmm… Tiffany forse? Sì mi pare proprio di sì, per le poche volte che l’ho vista quella ragazza non mi ha mai convinta… povera la tua famiglia, è caduta in basso….forse se n’è resa conto e pensando che tu non avessi poteri, per evitare l’ennesima umiliazione, ha pensato di abbandonarti e fare finta che tu non sia mai esistita, non sono in molti ad averti visto, vero?
    - No, solo lei e due gemelle dagli occhi azzurri e i capelli castano chiaro –
    - Come immaginavo. Ora passiamo a discorsi più presenti, tu hai salvato mio figlio, come posso ricompensarti? –
    Questo non se l’aspettava, cosa poteva volere?
    - Vorrei solamente tornare indietro – Scoprire quel mondo magico le sarebbe piaciuto, ma evidentemente non era il suo destino. La donna sembrò sorpresa di ricevere una richiesta così semplice - Posso offrirti tutto ciò che desideri, qualsiasi cosa. – La guardava sapendo che non era ciò che voleva.
    - Tutto ciò che voglio è tornare alla normalità – dicendo questo abbassò lo sguardo, la sua realtà non le piaceva, sperava di aver trovato un posto che sarebbe potuto essere adatto a lei, ma non era così, aveva sperato troppo ed ora era rimasta delusa.
    - Non è quello che vuoi – aveva letto il suo sguardo, aveva capito che lei desiderava qualcosa di più, era stufa dei rifiuti. Al tacque per un po’, non era mai stata brava nel mostrarsi per quella che era veramente.
    - in realtà, sapevo già di non essere, normale, umana. Ho sempre cercato di farmi accettare, ma ora so di valere qualcosa, di non essere un abominio e voglio provare a tutti quanto valgo; basta rifiuti, basta derisioni, ora non voglio più diventare uniforme alla massa, voglio farmi accettare per quella che sono, voglio fare uscire la vera me stessa. – Disse tutti questo di un fiato, la parole le erano uscite come un uragano, le aveva letteralmente gridate e ora che si era mostrata, per la prima volta dopo così tanto tempo, agli altri si sentiva spogliata, esposta e vulnerabile.
    Sul volto della donna apparve un’espressione soddisfatta, era proprio quello che voleva sentirsi dire: - Speravo che non mi avresti delusa, vuoi mostrare i tuoi poteri? Come promesso esaudirò il tuo desiderio, da ora in poi vivrai qui e mi assicurerò che tu venga seguita e allenata, se ti applicherai non potrai non raggiungere ottimi risultati. L’unica cosa che resta da fare è accordarmi con i tuoi genitori, perché da ora in poi vivrai qui. -
    -Per questo non ci sono problemi, sono emancipata e vivo da sola quindi non c’è nessuno a cui importi se sparisco dalla Terra. –
    Calò il silenzio nella stanza, la prima a romperlo fu la patriarca: - Dammi le tue generalità, al trasferimento ci penserò io, Dorian, accompagnala a casa sua e aiutala col trasloco. Un’ultima cosa, non ti ho ancora chiesto come ti chiami –
    - Alexis, Alexis Valenti –
    - perfetto, Alexis, io sono Viktoria e ti do il benvenuto nella famiglia heruve. -

    Al tempo la ragazza non poteva neanche immaginare quanto quella scelta avrebbe pesato sul suo futuro.
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